mercoledì 6 aprile 2016

Ostiense, la strage di Ponte di Ferro


La violenta rappresaglia nazifascista che nell’aprile del ’44 costò la vita a dieci donne innocenti
Tratto da coreonline.it

Era il 7 aprile di quel tragico 1944 quando sul Ponte di Ferro dieci donne furono trucidate dai nazisti, colpevoli di aver rubato pane e farina nel vicino forno di via del Porto Fluviale.
L’intera città di Roma accolse la primavera dopo un inverno durissimo, stretta nella morsa della violenza, del terrore e, soprattutto, della fame. Dalle vicende dell’8 settembre in poi Roma Città Aperta subì il pugno di ferro delle forze occupanti, dalla repressione della prima resistenza nella battaglia della Montagnola al terribile eccidio delle Fosse Ardeatine nei giorni del 24 e del 25 marzo. Come se non bastasse, dopo San Lorenzo, anche il quartiere industriale dell’Ostiense e l’allora giovane borgata della Garbatella conobbero il dramma dei bombardamenti degli alleati, nei giorni del 3 e del 7 marzo. Un duplice attacco aereo che, seppur mirato ai convogli della stazione Ostiense, colpì parecchie abitazioni, chiese e fabbriche; numerosissimi furono i morti ed i feriti.

Nel mese di aprile l’insufficienza dei prodotti alimentari diventò un vero e proprio dramma. Innanzitutto vi era un problema dei trasporti e delle vie di comunicazione, totalmente ostruite (specialmente nel versante meridionale della città) dagli Alleati che stavano risalendo la penisola. Solamente la merce proveniente dalle regioni del nord giungeva a destinazione ma, per ovvie ragioni, risultò comunque insufficiente. Per avere un quadro chiaro della situazione bisogna anche sottolineare che la popolazione era considerevolmente aumentata in quanto furono tantissimi i civili che cercarono fortuna, o meno sfortuna, tra le vie della Capitale. La gran parte dei viveri veniva poi inesorabilmente consumato dalle truppe occupanti, numerose e privilegiate. Ma l’emergenza alimentare scoppiò soprattutto dopo l’esclusione dai rifornimenti di tutti i civili che non avevano risposto all’appello del nuovo governo di Salò. Nella primavera del ’44 Roma divenne un’intera città di “disertori”.


Gli assalti ai forni, dettati dalla fame, divennero un triste e inevitabile fenomeno dilagante. In molti casi incontrarono la resistenza dei militari tedeschi, intenzionati a proteggere non l’ordine pubblico, bensì quelle che erano diventate le loro uniche provviste. La tragedia era nell’aria e non si lasciò attendere. Il 7 aprile, in via del Porto Fluviale, un assembramento spontaneo composto da centinaia di persone irruppe nel forno Tesei, colmo di pane e farina. In molti cominciarono ad accorrere dai vicini quartieri ma la situazione precipitò quando qualcuno avvertì tempestivamente un vicino comando tedesco. Nel giro di pochi attimi via del Porto Fluviale fu circondata dalle truppe nazifasciste. Vedendo chiusi gli accessi dall’una e dall’altra parte del ponte dell’Industria, in molti tentarono la fuga lungo la riva Ostiense. Ma non tutti si salvarono. Dieci donne, ancora con i sacchi di pane e farina tra le mani, furono condotte sul Ponte di Ferro e seduta stante fucilate senza pietà. I loro corpi furono lasciati sul ponte fino a tarda notte, come monito, perché fatti del genere non si ripetessero più. Per molti anni le vittime di quella rappresaglia non hanno avuto nome né memoria.

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