martedì 3 maggio 2016

Vicus Alexandri, il porto fluviale di San Paolo


Risalente almeno all’età repubblicana, il Vicus Alexandri è noto per il trasporto dell’obelisco Lateranense di origine egiziana avvenuto nel 357 d.C.
Tratto da coreonline.it

Nei periodi in cui il livello del Tevere non è elevato, diventa facile scorgere una schiera di massi, simili a scogli molto chiari, che si dilungano per diverse decine di metri tra le due rive della Magliana e di San Paolo. Questi scaglioni di tufo sono probabilmente quel che rimane del Vicus Alexandri, una banchina d’epoca repubblicana progettata per consentire l’attracco di imbarcazioni dalle grandi dimensioni che non potevano raggiungere i porti più centrali delle rive “testaccine”.

Non sono molte le informazioni intorno all’esistenza di questo “borgo fluviale” ma la sua collocazione doveva rivestire notevole importanza per la sua prossimità dell’allora già esistente via Ostiense e di un altra strada scomparsa, la via Campana. Quest’ultima si diramava in direzione ovest, verso i Campi Salinarum, situati tra Fiumicino e l’odierna Ponte Galeria. Attualmente la prosecuzione naturale in direzione est di questa fondamentale via commerciale è rappresentata dalla via Salaria.


Nonostante i rinvenimenti sotterranei sulla sponda sinistra del Tevere (lato Magliana) confermino l’esistenza del borgo almeno dalla Roma repubblicana, le prime fonti riguardanti il Vicus Alexandri (di cui si ignorano anche le origini della sua denominazione) risalgono al IV secolo d.C., nei Rerum Gestarum di Ammiano Marcellino. In questo scritto l’autore descrive brevemente quanto avvenne nel 357 d.C. quando per volere dell’imperatore Costanzo II, figlio e successore del celeberrimo Costantino, fu trasportato dall’Egitto un imponente obelisco costruito nel XV secolo a.C., all’epoca del faraone Tutmosis III. Marcellino narra dello sbarco di questo maestoso simbolo pagano avvenuto proprio in quel Vicus Alexandri, all’incirca distante quattro chilometri dalla Piramide Cestia. Dopo l’approdo nella parte superiore dell’ansa del Tevere, il trasporto fu effettuato lungo la via Ostiense con l’utilizzo di più carri e l’obelisco giunse a destinazione, al Circo Massimo, dove nel 1587 venne ritrovato semidistrutto e sepolto dalla fitta vegetazione. Ristrutturato l’anno seguente dal Fontana, il più alto obelisco della capitale (32 metri), due millenni prima dedicato ad Amon e Tebe, fu posto nella sua posizione attuale, in piazza San Giovanni in Laterano.

Anche l’archeologo Antonio Nibby cita il Vicus Alexandri nella sua “Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma”, pubblicata nel 1849, e richiamando la testimonianza di Ammiano Marcellino colloca lo scalo leggermente a sud dell’ansa del Tevere: «le tre miglia dalla porta antica assegnate come distanza del vico di Alessandro coincidono precisamente poco dopo il caricatore della pozzolana, e perciò sono certo che quel vico fu in questo punto». Per l’archeologo romano la posizione strategica non lascia dubbi sull’esistenza di un vecchio porto fluviale: «questo vico era situato in luogo opportuno giacché trovavasi al bivio dove la Laurentina diramava a sinistra dalla Ostiense e presso ad un porto o, per meglio dire, approdo naturale del fiume». Nel corso del medioevo il Vicus Alexandri compare sporadicamente in alcune mappe nonostante avesse già perso gran parte delle sue funzioni. Nel tardo medioevo assunse anche il nome di Portus Grapilliani, ma con l’avvento della storia moderna andò definitivamente in disuso e in rovina, lasciandoci veramente poco della sua esistenza.

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