giovedì 12 luglio 2012

La porta della "redenzione"


“Per un ingresso felice e fausto”. Così recita in latino l’iscrizione posta alla sommità di Porta del Popolo, nell’omonimo piazzale, che ci ricorda un evento particolare: la grande accoglienza che la Roma del Papa Alessandro VII riservò a Cristina di Svezia nel dicembre del 1655.

La Porta del Popolo, chiamata anche Porta Flaminia, costituisce l’ingresso più settentrionale lungo la cinta delle mura Aureliane e non può certo essere un caso che gli ingressi più "eccellenti" nella città eterna siano avvenuti presso questa porta. Trasformatasi nel corso dei secoli, la facciata interna della Porta Flaminia, così chiamata appunto perché attraversata dalla via Flaminia (il tratto iniziale oggi è la via del Corso), fu progettata nel 1655 dal Bernini, su commissione di Alessandro VII, Fabio Chigi. Ci si preparava per un grande evento ad un secolo di distanza dai tumulti causati dalla Riforma: la ventottenne Cristina di Svezia, dopo aver abdicato, avrebbe raggiunto Roma dopo essersi convertita al cattolicesimo. Gli storici da sempre si sono soffermati sul grande risultato politico della Chiesa, come se la scelta “rivoluzionaria” di Cristina fosse dettata solamente da ragioni di fede. Le motivazioni del suo gesto forse andrebbero ricercate nella forte personalità della giovane svedese di casa Vasa. Grande appassionata di filosofia, pittura, conoscitrice di diverse lingue ed abilissima nell’equitazione e nella caccia, fin da quando salì al trono (a soli diciotto anni) il Regno cominciò a stargli stretto. Il rifiuto a stringere matrimonio, il tormentato rapporto sentimentale con una dama di corte, Ebba Sparre (vicenda dalle fonti incerte) si sommavano alla sua ferma opposizione alla guerra dei Trenta anni (conclusasi nel 1648). Difficile stabilire in quale frangente prese la decisione di lasciare per sempre il suo paese ma una cosa è certa: Roma (che tutto era meno che la patria della libertà) rappresentava per lei, spirito libero e illuminato per l’epoca, l’occasione per un’emancipazione culturale piuttosto che religiosa. E così fu. Oltre ai grandi clamori che suscitò il suo ingresso in città (la curiosità dei romani scaturiva anche dalle incontrollabili “chiacchiere” sulla sua persona) Cristina godette di un trattamento speciale da parte di Alessandro VII proprio per quei risvolti politici che la sua scelta provocò nel contesto internazionale. Entrò in possesso del Palazzo Corsini, già Riario, dove poté coltivare le sue passioni (non a caso in detto luogo sorse successivamente l’Accademia dell’Arcadia) fino alla sua morte, sopraggiunta nel 1689. Se è vero che continuò a fare una vita da “regina” la sua figura resta tuttora un caso unico nella storia del Vecchio Continente.

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